giovedì 19 aprile 2012

Effetti provocati dalla pirateria :cambio della bandiera su alcune navi italiane.

Tra gli effetti provocati dalla pirateria c’è anche il cambio della bandiera su alcune navi italiane. Alcuni armatori partenopei tra i quali guarda caso quelli vittime dei sequestri da parte dei pirati (cioè la Perseveranza di Navigazione di Giuseppe D’Amato e la Marnavi di Mimmo Ievoli) hanno ritenuto necessario sostituire la bandiera italiana a quelle navi che solcano le rotte pericolose infestate dai pirati, un fenomeno che ormai costa alla comunità internazionale dai 7 ai 12 miliardi di dollari l’anno.
Così, se pure la flotta continua a battere bandiera italiana, sulle loro unità che fanno percorsi “a rischio”come le petroliere “Miss Maria Rosaria” e “Miss Marina” della Perseveranza, sulla “Gennaro Ievoli” e pure - quando sarà liberata - sulla “Enrico Ievoli” della Marnavi, non sventola più il vessillo tricolore ma quello dell’isola di Malta. Alle condizioni attuali, si tratta di un fenomeno che potrà prendere ancora più piede.
Il perché lo spiegano gli stessi armatori: «È più semplice e meno oneroso». Benché infatti le compagnie italiane possano imbarcare sulle proprie unità i fucilieri della Marina militare da quando, a ottobre dello scorso anno, è stata approvata la legge che ne autorizza l’impiego, il loro utilizzo costa 500 euro a persona al giorno, cioè 3.000 euro visto che una squadra è composta di sei unità.
Poi bisogna andarli a imbarcare in determinati porti (Gibuti o Muscat in Oman) e questo comporta spesso per le navi delle costose deviazioni. Inoltre, il numero di marò (60 unità) messi a disposizione dalla Marina non sarebbe congruo rispetto alle richieste degli armatori.
L’alternativa - cioè l’impiego dei contractor privati, solitamente ex militari e guardie del corpo con grande esperienza - non è ancora possibile sulle navi italiane, perché mancano i decreti attuativi, anche se in Confitarma, che molto si è impegnata per arrivare all’approvazione della legge, affermano si stia cercando la soluzione migliore grazie alla collaborazione della stessa Marina e del ministero della Difesa.
Risulta inoltre, sempre da fonte Confitarma, che si stia organizzando una società italiana dalla quale gli armatori potranno attingere direttamente i contractor.
Nel frattempo però le compagnie italiane non ci hanno pensato sopra e si sono organizzate: via libera alla bandiera maltese, utilizzo a bordo dei contractor di altri Paesi - la preferenza va verso gli israeliani, i russi o gli yemeniti mentre Ievoli ha scelto quelli inglesi - che devono comunque essere di gradimento delle assicurazioni, costi inferiori e soprattutto maggiore libertà.
Il recente episodio che ha coinvolto la petroliera “Enrica Lexie” ancora bloccata in India, con i due marò italiani detenuti nelle carceri del Paese asiatico, sta mettendo a dura prova le relazioni tra le due nazioni, ma ha evidenziato la delicatezza degli equilibri in caso di ricorso alle armi. Forse è necessaria, a questo punto, oltre a una rivisitazione della legge italiana, una regolamentazione precisa a livello internazionale o forse la creazione di una forza navale sotto l’egida dell’Onu.
Gli armatori temono infatti che la legge varata lo scorso ottobre con l’accordo di Confitarma per l’impiego dei militari a bordo, possa subire un momentaneo stop o un ripensamento. Nel frattempo, le navi devono continuare a trasportare le merci e andare su e giù per gli oceani, su mari che diventano ogni giorno più pericolosi. E proprio dalla fragilità dimostrata in questi ultimi tempi dalle navi italiane, rivelatesi particolarmente appetibili per i pirati, è nata la decisione degli armatori partenopei, da un lato, del cambio di bandiera e dall’altro, di non imbarcare più marittimi italiani sulle rotte a rischio.
Per due motivi: non esporli a pericoli maggiori rispetto agli equipaggi di altre nazionalità e poi perché, obiettivamente, molti marittimi dopo i recenti episodi di prigionia durata svariati mesi, non sarebbero più disposti a percorrere quelle rotte.

Fonti varie