
marzo 2010
L a domanda “ Come possono le navi e gli armatori difendersi dagli attacchi dei pirati ? circola ormai da tempo . Le risposte, a ben pensarci,non sono poi tante:
1) Tutelarsi con guardie armate a bordo
2) rafforzare il dispositivo di sicurezza inviando nelle zone a rischio un numero maggiore di navi militari
Le grandi associazioni internazionali dell’armamento, come Bimco e Intertanko e il sindacato Itf, si sono , più volte dichiarati “fermamente contrari alle guardie armate” perché metterebbero in serio pericolo la vita delle persone dando la stura ad un meccanismo pericoloso ed incontrollato che potrebbe pregiudicare totalmente la sicurezza e l’integrità del mezzo nave Per l’Itf, “ rientra nella responsabilità dei governi fornire protezione alle navi e combattere i predoni del mare entrando anche nelle acque territoriali somale ove sono situati i covi”. Ignazio Messina fece proposta di autorizzare gli armatori ad utilizzare «guardie armate a bordo delle navi. Ci si vuole costringere – dichiarò - a cambiare bandiera per poterci difendere ?”
All’armatore Messina diede risposta Remo Di Fiore, segretario nazionale di Fit Cisl e responsabile Itf per il Mediterraneo: «Come ha già sottolineato il presidente di Confitarma, Nicola Coccia, certamente l’armatore Messina ha proposto guardie armate sull’onda dell’emotività. Per quanto riguarda il cambio di bandiera - dice ancora il sindacalista - non si devono dimenticare i grandi benefici che gli armatori hanno ottenuto con il Registro Internazionale tanto che ben 700 navi sono ritornate a battere bandiera nazionale. Quindi risolviamo il problema pirati in altro modo e non tocchiamo la bandiera…».
Un fatto è certo , poco meno di un migliaio di predoni armati tiene in scacco oltre 30 navi militari appartenenti alle marinerie di tutto il mondo. La settimana scorsa però, in occasione della conversione in legge del decreto sulle missioni militari all’estero, il Senato ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede al governo di valutare la modifica della legislazione vigente, che vieta l’imbarco di personale armato su navi mercantili. In particolare si impegna il governo a “consentire la presenza di personale militare e l’esercizio di servizi di vigilanza privata a protezione delle merci e dei valori a bordo di navi mercantili e da pesca battenti bandiera italiana in acque internazionali nelle quali esista un concreto rischio di pirateria”.
Oggi , apprendiamo che il senatore Enrico Musso (Pdl) ha annunciato di voler presentare una proposta di legge trasversale che superi la norma attuale e permetta l’imbarco di personale armato. Secondo Musso, “il disegno di legge portato avanti assieme all’opposizione può essere approvato rapidamente . Esistono una risoluzione del consiglio di sicurezza dell’Onu del 2008 e un pronunciamento dei giuristi dell’Institut de droit international del 2009 , dichiara Musso , che aprono alla possibilità di personale armato sulle navi” . Confitarma, per voce del suo presidente Nicola Coccia, appare molto prudente riguardo alla proposta di legge: “È positivo - dice - che si avviino soluzioni per difendere questi interessi. L’ipotesi delle scorte navali è quella preferibile, ma appoggiamo anche chi cerca altre soluzioni. Non abbiamo preconcetti, ma vogliamo che ci sia il massimo della protezione”.
Forte e e senza tentennamenti la contrarietà dei sindacati italiani e internazionali. «La giudichiamo pericolosissima e negativa” afferma Luvini, della Filt-Cgil, «non si può pensare che il lavoratore debba armarsi per andare sul luogo di lavoro. Le nostre navi non possono fare a meno di attraversare quell’area, è il governo che deve proteggerle”. Remo Di Fiore, della federazione internazionale Itf, aggiunge: “Non è possibile trasformare la nave in un fortino armato”.
Il comandante Armando Cervetto, responsabile della flotta Messina , ha svolto una relazione nel corso di un convegno organizzato da "Atlante", il mensile dello sviluppo sostenibile, al Galata Museo del Mare, mostrando nelle diapositive i fori lasciati dai proiettili dei fucili sulle fiancate delle navi e uno spazio interno devastato da una granata. “Agiscono così –ha spiegato Cervetto - piccoli gruppi su un motoscafo, sparano, cercano di intimidire il comandante, tentano la scalata delle fiancate. Se ci riescono prendono in ostaggio nave ed equipaggio. Guadagnano sui riscatti, tra i tre e i sette milioni”. «Siamo costretti – continua Cervetto - ad allungare la rotta di sei giorni e mezzo, tredici tra andata e ritorno. I costi sono altissimi». Spagna e Francia hanno adottato misure differenti: la prima autorizza a bordo delle proprie navi mercantili l´impiego di squadre armate fornite da società private, la seconda invia gruppi di militari. Entrambe le soluzioni funzionano. L´Italia non ha adottato né l´una né l´altra e per i nostri armatori aumentano i costi e i tempi del trasporto e cala la competitività”. Le scorte armate e le altre misure di sicurezza sono utili, avvertono Mario Tullo, deputato Pd e Tirreno Bianchi, console della compagnia portuale Pietro Chiesa, ma non possono essere l´unica soluzione. Per risolvere il problema bisogna assicurare l´equilibrio della Somalia.Secondo Atlante, oltre 400 imbarcazioni hanno subito gli attacchi dei pirati nel 2009, 116 solo nelle acque del Golfo di Aden e 80 al largo delle coste somale. L´Unione europea, ha autorizzato il rinnovo per tutto il 2010 dell´operazione Atalanta.
Foto : http://blog.panorama.it
 
